La CARITAS PARROCCHIALE PRESENTA ... DIECI PUNTI per la BUONA CARITA’

In due puntate (questo numero e il prossimo) la Caritas parrocchiale desidera condividere con tutti i parrocchiani le sue linee di orientamento verso le persone/famiglie in difficoltà.

1. La carità che siamo chiamati a vivere con i fratelli e le sorelle bisognose è la carità e la compassione di Cristo. Riconoscendo che la Caritas parrocchiale non può sussistere autonomamente ma in relazione con la carità del vescovo, come operatori abbiamo bisogno di una formazione continua, mettendoci in linea con il progetto della Caritas diocesana e le indicazioni del parroco, primo responsabile della Caritas parrocchiale.

2. Ci incontriamo almeno una volta al mese per confrontarci tra di noi e con il parroco per intraprendere, di volta in volta, l’intervento più opportuno per essere la carità del Signore per i vari fratelli che bussano alla porta della nostra Chiesa, facendo costantemente riferimento agli obiettivi comuni prefissati, qui elencati. Il nostro compito è quello di lavorare in equipe per elaborare le informazioni e formulare le risposte più adeguate e possibili.

3. Ci impegniamo a partecipare agli eventuali momenti di formazione promossi dalla Caritas diocesana o da altri Enti su temi affini (carità, volontariato, accompagnamento delle persone bisognose,…), perché comprendiamo che questo impegno non è una mera distribuzione di servizi di beni materiali, ma principalmente uno strumento pedagogico. Ci è richiesto, infatti, di saper identificare i bisogni che vanno oltre le richieste espresse.

4. “Essere carità” è diverso da “fare l’elemosina”. Quindi la prima cosa che faremo sarà ascoltare chi ci chiede aiuto per farci “prossimi”. Secondo: una volta raccolte le informazioni della situazione di bisogno della persona e/o della famiglia, faremo in modo di coinvolgere attivamente la/le persone, per stimolare speranza. Terzo: cercheremo di aiutare individuando i reali bisogni del richiedente, sentendo anche i Servizi sociali per fare ciascuno la propria parte. Si procederà, di tanto in tanto, a delle verifiche per vedere se raggiungiamo l’obiettivo fissato. Più che l’aiuto economico sarà importante il nostro sostegno umano e cristiano, visitando e consigliando ogni membro ad attivarsi per uscire dalla situazione di bisogno (accompagnamento verso l’autonomia). Se riterremo opportuno e ne avremo la possibilità, in alcuni casi interverremo con un aiuto economico, verificando il giusto destino. L’esperienza insegna che non è pagando che si trova il miglioramento, ma formulando progetti e lavorando in rete.

5. Carità è un aiuto che dice "prendersi cura": "Siamo qui per aiutarti senza sostituirci a te; siamo un segno d'amore ed una presenza ma non la soluzione di tutti i tuoi/vostri problemi”. Questo sarà il nostro abituale approccio con quanti ci chiedono un aiuto, con pazienza e l’ottimismo stampato sul nostro volto. ACCOGLIENZA, infatti, significa principalmente riconoscere la persona che abbiamo di fronte e il senso del limite.
ACCOMPAGNAMENTO è diverso da MANTENIMENTO.

6. La carità usa cuore e intelligenza, e si fa insieme: non è dunque sentimentalismo né commiserazione, bensì compassione. Anche se con difficoltà, cercheremo di distaccarci da queste deviazioni nocive della carità, affinché la vista del povero non sia fonte di gioia per noi (perché così ci sentiamo utili e gratificati), ma la nostra gioia risieda nel vedere il bisognoso che risponde con dignità e senso di responsabilità attivando ogni risorsa a sua disposizione per avviarsi verso l’autonomia.