Omelia del vescovo Enrico Trevisi
durante la S. Messa nella nostra chiesa parrocchiale
nella Solennità di S. Francesco d'Assisi
- 4 ottobre 2024 -
Nel Testamento di San Francesco trovo scritto: “E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del Santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò”.
C’è un’ansia per il Vangelo, che è un’ansia per vivere come Gesù, per seguire in tutto Gesù. Una radicalità che poi ha portato alla necessità di scrivere altre parole o regole ma che sempre è rimasta nei discepoli di San Francesco. E da qui le continue riforme o nuove famiglie religiose che si ispirano a San Francesco. Un’ansia del tornare alla forma del Santo Vangelo che deve animare anche noi tutti, non perché dobbiamo fare nuove scissioni e nuove famiglie religiose francescane, ma perché San Francesco ci insegna questo.
Guai ad annacquare il Vangelo. Guai a sistemarci agiatamente dentro a una qualche regola o un qualche convento o canonica o appartamento senza più vivere la scomodità, la radicalità del Vangelo. Ma anche la sua bellezza.
Il Vangelo è bello. Il Vangelo è scomodo.
Il Vangelo è bello: e San Francesco scrive tante pagine di vangelo bello. San Francesco lo vediamo e lo pensiamo in una comunione profonda con il Signore, conformato a Lui nel più profondo del cuore. Ma anche capace di baciare un lebbroso o di predicare alle folle o di scrivere i primi inni in italiano o ad affascinare folle e folle di giovani che si mettono al suo seguito. Capace di parlare a Papa Innocenzo III e Onorio III ma anche al cardinale Ugolino d’Ostia che poi divenne Gregorio IX e pure al Sultano d’Egitto Malik al-Kāmil. Parlava anche agli uccelli e al lupo di Gubbio e soprattutto anche a tutti i lupi cattivi che sono gli uomini peccatori capaci di tanto male. San Francesco è il Vangelo bello di Cristo che torna ad essere vivo e ad attrarre tanti giovani che lasciano i desideri di successo attraverso le battaglie, che tralasciano l’esistenza frivola e godereccia che distraeva dal senso vero della vita. Ieri come oggi spesso si è ammaliati da strade che portano alla perdizione: l’onore delle armi, il successo della vittoria, il piacere e il divertimento come nuovi idoli, la ricchezza accumulata e ostentata… Idoli del tempo di Franceso e del nostro tempo! Francesco ci insegna, vivendolo, che c’è un Vangelo bello, di fraternità, di pace, di amicizia, di solidarietà, di incontro anche con il povero, con il ricco, con il musulmano, con il lebbroso di oggi… Seguire Gesù mi autorizza ad un Vangelo bello nella vita concreta.
Il Vangelo è scomodo, perché è vero e non una fiction: e san Francesco ha patito il rigetto di suo padre, l’incomprensione dei suoi frati, il fraintendimento nostro quando lo riduciamo ad un’icona dell’ecologia e del panteismo e di un pacifismo ingenuo. Il Vangelo è scomodo perché è segno di contraddizione, è accettare persecuzioni e fraintendimenti anche dentro la Chiesa, anche tra i suoi fratelli. È anche accettare il silenzio di Dio, come Gesù sulla croce, come san Francesco con le stimmate. Il Vangelo è scomodo perché il mondo non lo riconosce e preferisce le tenebre alla luce, il peccato alla grazia, la violenza al perdono. Vivere le beatitudini, come Francesco le ha incarnate, è scomodo. È un modo scorretto di presentarsi al mondo, perché ci si espone o ad essere considerati ridicoli (ingenui, goffi, bizzarri) o ad essere presi come integralisti, come fanatici. Il Vangelo è scomodo perché è vivere nell’amore di Cristo, fino al dono di sé, e per chi ti offende e ti insulta e ti crocifigge. Ti fa vivere, cercare, volere una pace che il mondo – assuefatto all’odio – non capisce. Un amore che si espone al fallimento, al ridicolo, alla condanna, allo spreco. Amare per niente, perché l’altro non capisce. Solo Dio vede. Ma spesso tace. E noi, come Francesco, a gridare a Lui, fino all’estenuazione, ostinati fino allo stremo, fino a portarne i segni, anzi le stimmate. E divenire noi stessi segni del Cristo, del Vivente.
Il Vangelo è bello. Il Vangelo è scomodo. Il Vangelo è la nostra passione. Con San Francesco vogliamo che il Vangelo sia la nostra ostinata passione. Cioè come per Francesco deve diventare il desiderio estremo, che ci consuma nell’amore, nell’abbandono a Dio, come Gesù, che è abbandonato dagli uomini e si abbandona al Padre. Il Vangelo che appassiona è il bicchiere d’acqua dato ai fratelli, il restare inginocchiati davanti all’Altissimo Onnipotente buon Signore, la ricerca della pecorella smarrita e la gioia del sapersi cercati dal Signore quando ci siamo perduti, la verità che rende liberi anche di fronte ai prepotenti, il perdono che risana il cuore, la visita all’ammalato che ridà spessore alla vita, la mitezza nei confronti degli arroganti, il silenzio che ti fa sospirare la Parola di Dio e la musica con cui canti il suo amore, l’umile ricostruzione della Chiesa, la condivisione di quello che hai e che sei, l’onore dato ad ogni piccolo e ad ogni povero.
Celebriamo San Francesco perché in lui vediamo un’ansia di Vangelo che vogliamo fare nostra. Un’ansia per un Vangelo bello, un Vangelo scomodo, un Vangelo appassionante.
Laudato sii mi Signore.
+ Enrico Trevisi
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La Famiglia Francescana di Trieste