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Messa con Papa Francesco a Trieste

 Papa TS

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di domenica 7 luglio 2024: 
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Ritiro parrocchiale - Quaresima 2024

ritiro

Indulgenza Plenaria davanti al Presepe

In occasione dell’8° centenario del “Natale di Greccio” vissuto da san Francesco,
fino al 2 febbraio 2024 è possibile ricevere il dono dell’Indulgenza Plenaria
visitando come pellegrini qualsiasi chiesa francescana in tutto il mondo.

Sono necessari: distacco dal peccato, Confessione e Comunione eucaristica (anche nei giorni precedenti o seguenti) e sostare in preghiera davanti al Presepio ivi preparato, trascorrendo un congruo periodo di tempo in pie meditazioni (ad esempio si può meditare il racconto del Natale di Greccio: clicca qui), concludendo con il Padre Nostro, il Credo, una preghiera secondo le intenzioni del Papa (ad es. un Padre Nostro e un’Ave Maria) e le invocazioni alla Sacra Famiglia e a San Francesco d’Assisi (v. sotto).

Gli anziani, gli infermi e quanti per grave motivo non possono uscire di casa, potranno ugualmente ricevere l’Indulgenza Plenaria con il pentimento di qualsiasi peccato e con l'intenzione di adempiere appena possibile le tre consuete condizioni, partecipando spiritualmente alle celebrazioni giubilari, con l’offerta a Dio misericordioso delle loro preghiere, dei dolori e dei disagi della propria vita.

INVOCAZIONE ALLA SACRA FAMIGLIA E A SAN FRANCESCO D’ASSISI
O Buon Gesù, contemplando questo Presepe,
ti chiedo la grazia del perdono dei miei peccati.
Tu sei il sole che sorge dall’alto, fatto carne per illuminare
coloro che vivono nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Hai fatto la tua casa tra noi e ci hai amato fino a dare la vita per noi.
Non sei venuto per condannare il mondo ma per salvarlo.
Dammi la grazia del pentimento sincero
e l’umiltà di riconoscere la mia fragilità.
Donami la fede nella tua misericordia
e rinnova in me la gioia della tua salvezza.

Maria, Madre di Gesù e Madre della Chiesa,
insegnaci la gioia degli umili
e di coloro che credono nelle promesse del Signore.
Aiutaci a proclamare la grandezza del Dio
che accompagna e salva la nostra sofferente umanità.
Sei l’alba di una nuova creazione.
Tu sei Vergine fatta Chiesa, sei Madre di grazia e di misericordia.
Ascolta la nostra supplica per la tenerezza del tuo Cuore Immacolato.

San Giuseppe, servo giusto e fedele del Signore.
Sei un custode santo e generoso. Non privarci delle tue cure,
pellegrini smarriti alla ricerca della vera patria.
Proteggi la Chiesa dalle insidie del maligno
e insegnaci a confidare in Colui che ha dato il suo Figlio unigenito
per liberarci dal peccato, dal male e dalla morte.

San Francesco d’Assisi, tu che hai tanto amato Cristo povero e umile
da voler rivivere a Greccio, con fede e devozione,
la notte della sua nascita a Betlemme,
intercedi per noi affinché possiamo contemplare con cuore puro
la bellezza dell’incarnazione del Figlio di Dio
e la dolcezza del suo sguardo che ci chiama a una vita nuova. Amen.

2024: un nuovo anno

Un nuovo anno… come sarà? Forse siamo delusi, le cose non vanno bene, ogni giorno siamo inondati da immagini di guerre e violenze di ogni genere. Abbiamo paura e non sappiamo che cosa fare. Anche la nostra fede spesso vacilla perché vediamo che la nostra preghiera sembra non venga ascoltata da Dio .. Ci ha abbandonato anche Lui? O siamo noi che abbiamo abbandonato Lui?
La Parola di Dio, soprattutto nella difficoltà, ci viene incontro.
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne, ai suoi figli e disse: Voi benedirete i vostri fratelli. Per prima cosa, che lo meritino o no, voi benedirete. Dio ci chiede di imparare a benedire. Se non imparo a benedire, non potrò mai essere felice.
Che cosa significa benedire?
Invocare da Dio un amore, una forza che faccia crescere la vita in ogni sua forma, cercare, vedere e valorizzare il bene che c’è in ogni persona.
Il Signore faccia brillare il suo volto per te. Cerca di scoprire durante questo nuovo anno la bellezza, la luce, il calore di un Dio che accoglie, rispetta e ama. Un Dio fatto di amore e non di leggi e castighi. Un Dio che in ogni istante ti abbraccia per tenerti stretto, per tenerti stretta al suo cuore.
Il Signore ti conceda pace. Cerca in Lui la pace, la serenità soprattutto nelle difficoltà. In un Dio che ti sta sempre accanto, che ti tiene per mano per sorreggerti, che ti verrà sempre a cercare quando ti allontani da Lui … ti prenderà sulle sue spalle, curerà le tue ferite e farà tornare il sorriso sul tuo volto. In un Dio che in ogni istante ti ripeterà, come fa un papà, una mamma con il suo bambino: non aver paura, ci sono io con te... E le sue mani accarezzeranno dolcemente il nostro volto e asciugheranno le nostre lacrime. E noi, sereni, ci abbandoneremo a lui gustando il calore del suo amore.
Buon anno a tutti voi, con tutto il cuore.
P. Gabriele 

Il nostro presepe

presepe 2023

800 anni fa Francesco di Assisi a Greccio volle rappresentare il primo presepe. Chiese ad un uomo di nome Giovanni di preparare un luogo per rivivere la nascita di Gesù. «Vorrei - gli disse Francesco - fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».
Anche noi, nella nostra chiesa, abbiamo voluto ricordare e rivivere quell’evento con il nostro Presepe. Una grande capanna accoglie Gesù che nasce. Accanto alla greppia c’è Francesco di Assisi che, estasiato, guarda e contempla il mistero di un Dio che si fa bambino per amore nostro nella povertà e nel disagio più estremo. Nella e attorno alla capanna alcuni frati e tante persone venute da ogni parte per vivere anche loro il Dono di un Amore infinito che si fa uno di noi.
E’ un invito a ciascuno di noi a lasciare le nostre case, i nostri e problemi andare a vedere e toccare con mano quel Bambino che non ha avuto paura di affrontare disagi e privazioni per stare con noi.
Come Francesco, quando ci troviamo nelle difficoltà, quando ogni speranza sembra crollare, quando ci sembra che la vita non abbia più senso e valore e tutto sia inutile, inventiamo anche noi il nostro Presepe, andiamo a vedere e toccare quel Bambino adagiato tra il fieno di una stalla: ci accoglierà e ci sorriderà e il nostro cuore riprenderà calore e inizierà a battere di nuovo. Ci prenderà per mano e ci dirà: «camminiamo insieme, mano nella mano …» e la nostra gioia sarà piena.
Un grande grazie ai nostri grandi presepisti!
P. Gabriele

Auguri di Natale

Anzitutto accogliere Dio

Viene, ma potresti esserti addormentato.
Viene, ma potresti esserti risentito e arrabbiato per come vanno le cose.
Viene, ma in una modalità così umile che sconcerta e scandalizza.
Viene, ma non si impone. Però insiste a venire.
Viene nelle sembianze umane. Anzi viene nella carne umana. Si fa carne.
Viene ed è piccolo e umile. Un bambino. Un bambino sfollato.
Viene e commuove. Viene e irrita.
Viene e c’è chi va in panico e medita morte, come Erode.
Viene e trova braccia che lo stringono:
una madre che lo coccola
e il suo sposo che ha il coraggio del Leone di Giuda.
Viene e trova i poveri che lo festeggiano.
Viene e potresti accoglierlo e unirti alla festa.
Viene e potresti incoraggiare altri ad unirsi alla festa.
Viene e ci sono altri piccoli scartati di fonte ai quali inginocchiarsi.
E pregare di avere la forza e il coraggio di quel che siamo:
E che cosa siamo?
Siamo gli Amati da Dio, per amare con il suo amore i piccoli e i poveri sulla nostra strada.
Sulle nostre piazze. Nelle nostre case. Nelle nostre classi.
Nelle nostre comunità.
Auguro un Natale così. Un Natale in cui le persone prevalgano sui consumi, in cui ciascuno si dia il coraggio per una parola di conforto con chi è nella sofferenza, un tempo di compagnia con chi sta nella solitudine,
un gesto di tenerezza con chi vive il sentirsi abbandonato e rifiutato,
un dare occasione di ascolto a chi soffre nel risentimento.
Un Natale così lo auguro a tutti. Dove trovare la forza? Nel bambino Gesù. Fermati e accoglilo. Fermati e pregalo e troverai il coraggio, il tempo,
le parole, i gesti, le occasioni.
E su ciascuno invoco la Benedizione del Signore.
+ Enrico vescovo

Noi Frati della Comunità S. Francesco ci uniamo al nostro Vescovo
per auguravi un Natale che sia l’incontro più bello possibile
con il Dio fattosi bambino per amarci e stare sempre con noi!

Gabriele, Antonio, Anicet, Anton, Salvatore, Richmond

8° centenario del presepe di Greccio (1223-2023)

Natale Greccio

Ecco il racconto completo del "presepe di Greccio", nel suo 8° centenario, seguito da un estratto del commento che ne fa don Chino Biscontin, mettendo in luce il suo profondo significato nel contesto del momento drammatico che Francesco d'Assisi stava vivendo in quella fase della sua vita:

Dalla Vita Prima di Tommaso da Celano (prima biografia su S. Francesco d'Assisi)

Capitolo XXX
DELLA MANGIATOIA CHE PREPARÒ
NEL GIORNO DELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE

     La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di seguire fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e il fervore del cuore l’insegnamento del Signore nostro Gesù Cristo e di imitarne le orme.
     Meditava continuamente le sue parole e con acutissima attenzione non ne perdeva mai di vista le opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente voleva pensare ad altro.
     A questo proposito dobbiamo raccontare, richiamando devotamente alla memoria, quello che realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale di nostro Signore Gesù Cristo.
     C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa quindici giorni prima della festa della Natività, il beato Francesco lo fece chiamare, come faceva spesso, e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio l’imminente festa del Signore, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, quell’uomo buono e fedele se ne andò sollecito e approntò, nel luogo designato, tutto secondo il disegno esposto dal santo.
     E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati frati da varie parti; uomini e donne del territorio preparano festanti, ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per rischiarare quella notte, che illuminò con il suo astro scintillante tutti i giorni e i tempi.
     Arriva alla fine il santo di Dio e, trovando che tutto è stato predisposto, vede e se ne rallegra. Si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena si onora la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
     Questa notte è chiara come pieno giorno e deliziosa per gli uomini e per gli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al rinnovato mistero. La selva risuona di voci e le rupi echeggiano di cori festosi. Cantano i frati le debite lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
     Il santo di Dio è lì estatico di fronte alla mangiatoia, lo spirito vibrante pieno di devota compunzione e pervaso di gaudio ineffabile. Poi viene celebrato sulla mangiatoia il solenne rito della messa e il sacerdote assapora una consolazione mai gustata prima.
     Francesco si veste da levita, perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora è un invito per tutti a pensare alla suprema ricompensa. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva pronunciare Cristo con il nome di «Gesù», infervorato d’immenso amore, lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava come il belato di una pecora, riempiendosi la bocca di voce ancor più di tenero affetto. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e deglutire tutta la dolcezza di quella parola.
     Vi si moltiplicano i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Vide nella mangiatoia giacere un fanciullino privo di vita, e Francesco avvicinarglisi e destarlo da quella specie di sonno profondo. Né questa visione discordava dai fatti perché, a opera della sua grazia che agiva per mezzo del suo santo servo Francesco, il fanciullo Gesù fu risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
     Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia i giumenti e gli altri animali. E davvero è avvenuto che, nel territorio circostante, molti animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne, durante le doglie di un parto lungo e doloroso, ponendosi addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne sono stati guariti da molti mali.
     Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra la mangiatoia è stato costruito un altare ed è stata dedicata una chiesa in onore del beatissimo padre Francesco, affinché là dove un tempo gli animali mangiarono il fieno, ora gli uomini possano mangiare, per la salute dell’anima e del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con infinito e ineffabile amore ha donato sé stesso per noi; e ora con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

(Fonti Francescane 466-471)

***
Dal libro "San Francesco" di don Chino Biscontin (p. 18ss.):
     Francesco [...] nel tardo autunno del 1223 sta attraversando il periodo più duro di tutta la sua esistenza, e di questo si deve tener conto. La tradizione agiografica che ci tramanda il ricordo del presepio di Greccio, infatti, isola questo episodio dal contesto biografico in cui è avvenuto, e lo descrive con tratti di una dolcezza romantica. Francesco, al contrario, lo visse in condizioni esistenziali drammatiche, in uno stato di depressione che sconfinava nella disperazione (qualche mese dopo, a La Verna, sarà tentato di buttarsi dall'alto di uno strapiombo). Cerchiamo di capire il perché di tanto malessere.
     Certamente vi contribuiva il rapido deterioramento del suo stato di salute. [...]
     E tuttavia non erano solo le grandi sofferenze fisiche a prostrarlo. Tra lui e il movimento francescano era andata via via accentuandosi una frattura che negli ultimi mesi era diventata una voragine. [...] Quella crisi era diventata acuta in occasione della stesura di quella che doveva essere la Regola definitiva dei frati. [...] Non si può dire che la Regola bollata abbia tradito lo spirito di Francesco. Egli si riconobbe nella Regola, affermò in diverse circostanze di volerla osservare (in maniera solenne anche nel Testamento) e che fosse osservata fedelmente dai frati. [...] Se non vi fu, dunque, un tradimento del pensiero di Francesco, tuttavia si deve ammettere che vi fu un evidente cambiamento di tono generale. L'attenzione giuridica prevalse sulla preoccupazione di Francesco, quella di trasmettere un'anima, uno spirito, attraverso la lettera della Regola. E Francesco prevedeva chiaramente che la minore attenzione allo spirito non avrebbe garantito neppure l'osservanza profonda, interiore, della Regola così come risultava ora scritta. Vi percepiva un'attenuazione di quel continuo riferimento ai Vangeli presi alla lettera e alla volontà di seguire in tutto e da vicino la via di Gesù, che era il senso della sua vocazione. [...] È su questo terreno che Francesco dovette constatare quanto molti ministri dell'Ordine, e con essi la Curia romana, si stavano allontanando dalla traiettoria sulla quale egli fino ad allora aveva camminato e cercato di far camminare i suoi seguaci. E questo provocava in lui uno stato di tensione, che sconfinava nell'angoscia e lunghi tratti di mutismo, e anche crisi di pianto irrefrenabile, oppure scoppi di aggressività. [...]
     Ma non erano le malattie e il senso di isolamento e incomprensione ciò che più faceva soffrire Francesco. C'era di peggio. [...] Egli cominciò a dubitare di sé stesso, si chiese se non fosse lui a vederci poco chiaro, a sbagliare. Giunse persino a temere di aver completamente frainteso la volontà di Dio, di aver seguito una propria traiettoria e non, come aveva creduto, quella indicatagli da Gesù. Furono questi dubbi, questi pensieri che sconvolsero la sua anima nel profondo e lo portarono fino al margine della disperazione. [...] Manifestò dei bisogni umanissimi, quelli che si provano quando la malattia e la depressione provocano regressione ai bisogni primari: talvolta chiedeva che qualcuno gli tenesse la mano, un'altra volta in un eremo chiese del vino (e non ce n'era), un'altra ancora chiese ad un frate di procurarsi in segreto una cetra e che lo confortasse con il canto (e ne ebbe un diniego).
     È in questo contesto che va compreso quanto avvenne a Greccio in quella notte di Natale del 1223. [...] La gioia e la commozione non mancarono. Ma per Francesco l'episodio avviene in un contesto che era, come abbiamo visto, drammatico. L'attenzione va concentrata sulla frase che esprime il desiderio e l'intenzione di Francesco: «Vorrei fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». L'anima non risponde più, sommersa com'è dal dubbio e dalla depressione. Allora Francesco, come aveva fatto altre volte, ricorre al corpo. Vuol vedere "con gli occhi del corpo" la povertà e i disagi di Gesù a Betlemme. Vuole affermare con il corpo ciò che l'anima sembra non essere più in grado di reggere: non si è sbagliato riguardo a Gesù, non si è sbagliato riguardo al fatto che per seguirlo si deve accettare la sua povertà e la sua emarginazione.
Come un naufrago, con la forza della disperazione, afferra una tavola che gli capita a tiro per non annegare, così Francesco si aggrappa a Gesù per salvarsi da quello che avverte come il naufragio della sua esistenza. Nel Gesù di Betlemme, indifeso e misero, neonato adagiato sul fieno di una mangiatoia, in una stalla. Francesco troverà un palpito di consolazione, ma non sarà ancora la luce. Perché tutto quel buio venga squarciato dalla luce dovrà attendere ancora quasi nove mesi. È sul monte della Verna che Francesco troverà la pace, persino la gioia.

Buon Natale del Signore Gesù!

GreccioGiotto, affresco "Il Presepe di Greccio", Basilica superiore di San Francesco d'Assisi, Assisi 1295/1299 ca.